venerdì 13 settembre 2013

NEPAL



marzo 2012

Kathmandu

Io e Gioia, la mia sorellina di 8 anni, partiamo per il Nepal. All'aeroporto della capitale, Kathmandu, ci aspetta nostra mamma, reduce da un mese di viaggio in India. Nonostante la stanchezza  appena arriviamo in ostello abbandoniamo i bagagli e usciamo alla scoperta di questa città.  L'impatto è forte: auto che sfrecciano a suon di clacson schivando cani randagi e persone (noi incluse). È amore a prima vista: adoro questa capitale così viva, intensa e colorata. Non vale lo stesso per la mia sorellina: forse complice la stanchezza del viaggio, scoppia in un pianto liberatorio. In serata le torna il buonumore e impariamo a scambiarci il tradizionale saluto: mani unite in un lieve inchino pronunciando la parola « Nomaste ». 

Scopro presto che ogni momento è buono per gustarsi un «Chai», o come lo chiamano i locali «Nepal Tea». Una bevanda a base di latte e tè dal sapore molto speziato che si abbina perfettamente a questi luoghi. 
Trascorriamo la mattina sulle rive del «Bagmati», fiume sacro per la religione più diffusa in Nepal: l'induismo.. Qui le famiglie, dopo aver celebrato i funerali dei loro cari, vi gettano le ceneri. La tradizione vuole che sia il primogenito a bruciare la salma del padre, mentre sarà compito del figlio più piccolo occuparsi del corpo della madre. I famigliari in lutto sono ben riconoscibili: hanno testa e sopracciglia rasate e vestono in bianco. 
Su una collinetta accanto al fiume troviamo il tempio degli induisti, dove sono raffigurati «Shiva»«Ganesh» e «Kumar»«Shiva», mi spiega mia mamma,  è la più potente divinità «hindu»: ha il potere di creare e distruggere ogni cosa. Resto piacevolmente sorpresa quando la mia sorellina propone entusiasta di raccontarmi perché «Ganesh» abbia una testa da elefante:



«Una sera Parvati decise di farsi un bagno tranquilla, senza che il marito Shiva la disturbasse. Creò dunque un ragazzo dalla farina di grano, chiedendogli di controllare che nessuno entrasse a disturbarla. Shiva uscì di casa e quando tornò, vedendo uno sconosciuto che non voleva farlo entrare, lo decapitò. Quando Parvati scoprì l'accaduto si disperò e chiese a Shiva di andare a cercare un’altra testa nella foresta. Shiva trovò quella di un 
elefante e la attaccò a suo figlio che resuscitò.»



Il Nepal accoglie anche diversi buddisti.   Raggiungiamo la piazza che evidentemente simboleggia questa religione:  al suo centro sorge un'imponente statua di «Buddha», circondato dalle «Tar Chock», delle bandierine colorate usate durante le preghiere. La nostra prossima tappa è il  «Tempio delle scimmie»: 365 scalini di fatica e scimmie per raggiungere la vetta dove i monaci meditano immersi nei loro incensi e canti. Concludiamo la nostra giornata  visitando la «Dea Kumari». Una bimba che non può mai né uscire di casa, né toccare terra coi piedi e che ogni giorno alle 16.30 deve affacciarsi al balcone per salutare la folla. Achut, il nostro amico, ci spiega che per scegliere la «Dea della verginità» le bambine vengono rinchiuse in un tempio e sottoposte a prove spaventose, come assistere all’uccisione di animali. Pur rispettando questo loro rito, resto un po' rattristata dal destino di questa giovane ragazza. Per cena siamo di Achut. Ha una meravigliosa famiglia che ci fa sentire subito a casa. Gustiamo un’ottima cena seduti per terra su alcuni cuscini. Ovviamente le posate non sono ammesse e tra chiacchiere e risate non bado nemmeno a questo dettaglio che mi aveva lasciata inizialmente perplessa.    


Oggi ci dedichiamo allo shopping . Comprerei tutto…collane, braccialetti, vestiti, teli, oggetti per la casa…tutto colorato, etnico e …lo adoro!!! Finiamo nel tradizionale mercato nepalese e ci perdiamo in mezzo a infinite bancarelle caotiche colme di frutta, verdura, spezie,…un vero piacere per i seni miei sensi fanno festa. La sera ceniamo in un ristorantino iraniano che propone diversi tipi di «Couscous» e «Hummus» spalmato su del pane arabo. Una delizia!


Shaktikhor

In viaggio per Shaktikhor passo ore a godermi il panorama dal finestrino. Ci sono moltissime casette colorate immerse nella natura e animate da chi le abita. Sono tutti all'aperto indaffarati in qualche lavoro: chi lava, chi cucina, chi si occupa degli animali e chi si rilassa. Tutti ci salutano con gioia. Uno spirito di accoglienza che ritroviamo anche nella coppia che ci ospiterà per qualche settimana. Una meravigliosa casetta tutta in legno, immersa nella naturaAbbiamo anche bufali, capre, agnellini, galline, e pulcini. Mi guardo intorno: siamo nella valle incantata!!!




 

Appena finiscono scuola i bimbi del villaggio corrono a salutarci sorridendo e urlando…che bomba di energia!!! Sono tutti attorno a Gioia, la scrutano incuriositi…immagino non abbiano mai visto una bimba con la pelle chiara. Gioia ci fissa immobile e imbarazzata, ma dopo pochi attimi iniziano a giocare tutti insieme.  

La prima notte respiriamo la magia di questo posto: siamo circondati da un immenso campo di grano colmo di lucciole, che riflettono altrettante stelle in cielo. Restiamo ore a goderci il panorama accompagnati dai  soli rumori della natura. Per cena ci preparano i «Momo», degli squisiti ravioli al vapore ripieni di verdure. Mi spiegano la ricetta che prometto proverò a fare appena tornerò a casa. In realtà so già che non avranno lo stesso sapore. Ho la sensazione di aver viaggiato con la macchina del tempo e di essere sbarcata in un'era del lontano passato: cuciniamo accendendo un piccolo fuoco, prepariamo lo yoghurt col latte delle capre libere in giardino, raccogliamo la frutta e la verdura che mangiamo dall'orto, laviamo i panni nel pozzo. E non ci manca assolutamente nulla! Abbiamo persino quattro cani ai quali diamo dei nomi che ci aiutano a identificarli: «Hummus», «Volpino»«Squercio»«Nero» e «Denti aguzzi». E non ci sbagliavamo: quest'ultimo all’alba ha pensato bene di attaccare i polpacci di mia mamma che stava andando in bagno. La sera dopo ci siamo accertati che avesse lo stomaco più che pieno. 


Al risveglio ci attende un'abbondante colazione a base di pancake al miele, omelette, cereali al mango e  l'inimitabile «Chai». Facciamo il pieno delle energie perché questa mattina ci attende una lunga camminata: finalmente andiamo a trovare i bimbi della scuola blu. Zaino in spalla e si parte: dopo qualche chilometro raggiungiamo i piedi della montagna che scaleremo: la salita è ripida e interminabile, ma l'entusiasmo ha la meglio. Dopo ben 3 ore raggiungiamo la nostra destinazione in cima alla montagna. Appena vediamo i bambini ci si stringe il cuore: si allineano tutti in fila  scrutandoci e tenendosi timidamente le manine, quasi come volessero proteggersi. Sono tutti sporchi di terra, scalzi e con vestitini rotti o troppo grandi per i loro corpicini. Ci guardano con questi occhioni neri che esprimono curiosità, dolcezza e timidezza. Bastano pochi secondi perché uno di loro prenda coraggio e  con un sapone inizi a mimare il gesto di lavarsi: il messaggio è chiaro. Li laviamo tutti uno ad uno e apriamo i nostri zaini per donargli vestitini, scarpe e caramelle. Provano tutto sorridendo e ringraziandoci con i loro sguardi. 
Il loro insegnante, un ragazzo di 22 anni, ci spiega che quasi tutti i bambini vivono nelle vette più alte e meno accessibili della montagna, per cui ogni giorno camminano ore ed ore per raggiungere la loro scuola. Pranziamo insieme: abbiamo portato i «Chomi», degli spaghetti tipici conditi con patate e verdure, e dei dolcetti. Inutile dire quanto apprezzino, si respira subito aria di festa. Vederli gioire così è una vera goduria! 

Scendendo incontriamo diversi abitanti del villaggio. Pochi parlano inglese, ma poco importa.  Gesti, risate e inviti in casa mi fanno riflettere:  credo siano davvero felici e che non gli manchi proprio nulla. 



Questa mattina ci preparano il «Card», lo yoghurt locale a base di latte di capra. È pieno di grumi, ma delizioso. Io e Gioia decidiamo di andare a fare una camminata fino alla scuola rosa, ai piedi della montagna. Restiamo a chiacchierare con tutti i bambini…vogliono parlare inglese e ...appena scoprono a cosa serva lo strumento che ho in mano, si mettono in posa per fare moltissime foto. Quando iniziano scuola ci salutano chiedendoci se saremmo tornate a salutarli l’indomani.  Udop, un ragazzo del villaggio, stasera cena con noi. Mangiamo quasi tutte le sere il «Daal», un piatto a base di riso e fagioli. Non so se sia la fame, ma a me sembra tutto buonissimo.


Purtroppo è arrivato il nostro ultimo giorno  a  Shaktikhor. Ci fanno un rito mettendoci un foulard bianco, disegnandoci un terzo occhio rosso e dandoci un fiorellino bianco.  Arriva il  nostro bus e sembra che tutto il villaggio sia qui fuori a salutarci. È davvero triste lasciare questo magico posto e queste bellissime persone....penso proprio che tornerò a trovarli.






National Park di Chitwan 




A quanto pare è l’unico parco rimasto in mezzo alla giungla, e fra poco chiuderà. Appena arrivati, restiamo a bocca aperta. Ci sistemano in «Bungalow» completamente immersi nella foresta, proprio sopra al largo fiume che la percorre. Sembra di vivere nel «Il libro della giungla». Facciamo il nostro primo giro sugli elefanti che sono completamente in simbiosi coi loro fantini: dormono, mangiano, fanno il bagno,… tutto in coppia. Appena il nostro fantino avvista un rinoceronte inizia a rincorrerlo in mezzo alla foresta. Inutile dire che prendiamo una marea di tronchi in testa, ma alla fine lo vediamo mentre entra nel fiume e...ne è valsa la pena!

La sera ci sediamo in cerchio attorno ad una tribù di indigeni della foresta che ballano battendo bastoni di legno e cantano …sono completamente incantata e immersa...mi perdo nei ritmi di queste danze. Andiamo a dormire lasciando la finestra aperta per sentire tutti i rumori della foresta…che emozione e ...che paura. Mi sento vulnerabile, ma sono comunque tranquillissima e mi addormento dopo pochi minuti.

L’indomani all’alba ci attende un altro giro con gli elefanti. È il momento migliore per vedere le tigri e gli orsi. La foresta è inquietante a quest’ora...si sente un’aria tesa di predatori in agguato. Sfortunatamente, o forse fortunatamente, riusciamo a vedere solo degli animali simili ai bambi.

Dopo colazione facciamo una passeggiata nella foresta. La guida ci dà alcuni consigli secondo lui semplici e utili, ma che in realtà mi sembrano surreali.  Ci spiega che se vedi un rinoceronte devi salire su un albero o correre a zig zag. Facile a dirsi, ma salire su questi alberi senza rami mi sembra impossibile, quasi quanto mettersi a correre a zig zag fregando astutamente il rinoceronte. Se vedi un orso invece è importante non fissarlo negli occhi e mettersi in gruppo battendo le mani, forse il consiglio più fattibile. Se vedi una tigre infine, devi indietreggiare senza mai smettere di guardarla negli occhi. Ecco il consiglio più utile... chi non sfiderebbe una tigre con lo sguardo?! 

Vediamo un coccodrillo e la guida ci spiega che qui ne esistono due specie.  Questa è quella che mangia di tutto, anche carne umana. L'altra invece ha il muso più lungo e mangia solo pesci. Torniamo ai Bungalow in canoa, dove oltre a diversi coccodrilli, vediamo alcuni funerali sul fiume. Dopo pranzo facciamo il bagno con gli elefanti e torniamo a fare un giro della giungla con la jeep. Vediamo ancora rinoceronti, un’aquila, molti altri uccelli e …di certo non gli animali feroci che ci aspettavamo di vedere in una foresta. Io, mia mamma e Gioia moriamo dal ridere quando la guida tutta seria ci fa segno di fare silenzio…poi ci mostra un rarissimo esemplare di «Wild chicken»...ahahahhahahahahahahhaha!



Kathmandu- Oggi lasciamo la foresta. Dopo sei ore di pullman arriviamo di nuovo a «Kathmandu». L’indomani ci dedichiamo ancora allo shopping e per pranzo finiamo in un locale un po’ nascosto, ma affollato di nepalesi. Per pochi centesimi compriamo un piatto di «Momo»…da non credere...sono i migliori che abbia mai mangiato!!!! 

La sera mangiamo la pizza con Aisha, la figlia di Achud, e suo cugino. Sono felicissimi, Gioia ancora di più.

Il viaggio è finito, sul volo di ritorno penso a tante cose. È strano vedere come a Kathmandu i ragazzi seguano la moda. Guardano la tv e cercando di imitare a tutti i costi gli occidentali, comprandosi vestiti, cellulari,…. È come se cercassero di rendersi uguali ad una cultura che non gli appartiene, il contrasto è abbastanza ridicolo. Invece le ragazze sono bellissime perché vestite e con comportamenti del tutto inerenti la loro cultura. Penso che se il Nepal avesse sviluppato la propria unica cultura, avremmo un mondo certamente più eterogeneo, ma meno povero. Più ricco, ma non di soldi. Il problema è che tutti i Paesi vengono misurati secondo standard legati unicamente al denaro, alla ricchezza monetaria.  Credo sia un vero peccato. 


















































Nessun commento:

Posta un commento