Io e il mio ragazzo, Giulio, partiremo per lo Sri Lanka.
È la prima volta che lascia l'Europa e voglio essere certa vada tutto
per il meglio, nella speranza che sia il primo di una lunga serie. Si, i
biglietti del volo sono stati il mio regalo per il suo compleanno; ha dovuto
controllare minuziosamente la stabilità socio-politica del Paese (con
particolare attenzione a terrorismo e criminalità); sottoporsi a un rigoroso
controllo dei vaccini (anche se su safetravel.ch non ne consigliavano) e
passare in rassegna ogni notizia legata alla nostra compagnia aerea. E non era
ancora convinto.
Si parte. Appena atterriamo fatico a mascherargli l'ansia che ero riuscita a nascondergli
fino a quel momento. Ad attenderci dovrebbe esserci Danu, un ragazzo del posto che ho contattato via Facebook per guidarci in questa avventura sotto consiglio di una coppia di amici. E se non si facesse vivo? Con grande sollievo scorgo
un cartello con scritti i nostri nomi: Danu c'è!
5-6 gennaio 2017 - Anuradhapura
Nemmeno il tempo di atterrare che ripartiamo. Siamo
diretti a nord: la prima tappa del viaggio prevede la scoperta della
cultura di quest'isola. Il primo impatto con la guida di Danu non è dei
migliori: non passano più di 10 secondi senza che abbia sorpassato, o meglio
schivato, qualcosa o qualcuno. Il tutto accompagnato da uno snervante suono di clacson. Per rompere il ghiaccio gli chiedo come abbia
ottenuto la patente. Ce l’avrà? mentre mi risponde decidiamo di rilassarci affidandoci alla sua guida. O meglio,
al destino. Dopo 10 minuti di tragitto ci fermiamo a un baracchino sulla strada
che vende acqua di cocco fresca e rigenerante: finalmente si
inizia a respirare aria di vacanza!
Prima tappa Anuradhapura, città in cui entriamo in
contatto con la religione più diffusa dello Sri Lanka: il buddhismo. Vediamo
un'infinità di «stupa», i templi buddisti. E impariamo subito alcune
regolate basilari: si entra scalzi (poco importa se ti bruciano i piedi sul
suolo cocente), spalle e ginocchia vanno coperti ed è assolutamente vietato
farsi foto dando le spalle al buddha (un selfie col buddha per intenderci).
Per pranzo assaggiamo il mitico «Rice&Curry»: riso bianco accompagnato da una decina di salse al curry. Non ne potremo più fare a meno per il resto della vacanza. Per dessert yoghurt di latte di bufalo, ricoperto di miele, il «Curd&Treacle» . Sarà che stiamo pranzando sopra un prato appena concimato, ma per i miei gusti ha un sapore troppo intenso, per non dire nauseante.
Nel tardo pomeriggio Danu ci porta a visitare quello che
sarà il dodicesimo tempio della giornata, dice che ne vale davvero la pena per via della vista sul tramonto...e aveva ragione! Appena arriviamo c'è un ragazzo ad
attenderci dall'aria tutt'altro che sana. Lo evitiamo. Ma poi decidiamo di provare a lasciarci sorprendere: sarà la nostra guida. Partendo da
quattro rovine, a malapena visibili, ricostruisce storie e scenari incredibili.
Fatico a credergli e penso che appena torneremo in albergo controllerò su
internet se i suoi racconti prendano perlomeno spunto dalla realtà. Ma poi
decido che questo luogo è magico così come ce lo sta descrivendo. Si è persino
rivelato un ottimo fotografo: appena si è impossessato del mio cellulare ha
iniziato a scattarci decine e decine di foto ordinandoci di metterci in
posizioni e luoghi improbabili e alquanto rischiosi.
7-8 gennaio 2017- Sigiriya
Finalmente arriviamo a Sigiriya, città natale
di Danu. Scopriamo subito che è il luogo ideale per provare
un tradizionale massaggio Ayurvedico. Dopo aver passato mezz'ora a convincere
Giulio a farlo con me, non riesco nemmeno a godermelo. Non posso far altro che
notare come si destreggino i due signori che lo stanno massaggiando. Lui che fino
a qualche secondo prima borbottava «detesto che mi mettano le mani addosso» lo
stanno maneggiando come un burattino. Quando noto che, oltre alle 2 mani,
iniziano a massaggiarlo con un piede per me è troppo. La ridarella ha il
sopravvento. Lui? Nemmeno una piega, anzi ha l’aria scocciata. E io
rido ancora di più!
Super colazione a base di noodles di riso e curry e
via, si parte per il Minneriya National Parck: ci aspetta il safari con gli
elefanti. Cellulare in una mano e telecamera nell'altra si rivelano una pessima
idea: meglio tenersi alla jeep e guardare dove stiamo andando per non finire scaraventati
fuori dal fuoristrada o con un ramo spiattellato in fronte. Improvvisamente la nostra guida
si ferma e ci fa segno di fare silenzio. Emozionati ci rannicchiamo per
guardare nella direzione che ci indica. Non vediamo nulla. Dopo ben 2 minuti
capiamo: il suo dito punta dritto verso una civetta. Cerco di mascherare la
delusione scattando una foto, ma la situazione si ripete: un'aquila e un pavone. «Se pensa che passeremo il resto del pomeriggio
a fare bird watching…»Nemmeno il tempo di pensarlo che finalmente li vediamo:
un enorme branco di elefanti. Uno è particolarmente innervosito dalle 5 jeep
che lo accerchiano. Certi che la nostra guida non vada a disturbarlo ci prepariamo
a vedere il tramonto. Ma con un’inaspettata inversione a U eccoci in prima fila
di fronte a lui, sempre più irrequieto. E mentre Giulio si fa prendere
dallo spirito d’assalto tirando fuori la telecamera, l'elefante carica. Dove
andremo? Ci lanciamo nel terreno melmoso col rischio di finire impantanati e di
trovarci a piedi, faccia a faccia con questo gigante infuriato. Fortunatamente (un
po’ di sano egoismo ogni tanto ci vuole) prende di mira un’altra jeep mentre
noi riusciamo a scappare.
Dopo cena decidiamo di fare una passeggiata nella magica notte
di Sigiriya. Salutiamo il proprietario dell'hotel che, con discreta
perplessità, ci vede rientrare dopo soli 2 minuti: siamo stati inseguiti da un
gruppo di cani randagi. Mentre Giulio provava ad avvicinarsi dicendomi che sono
gli stessi che coccoliamo di giorno, sono scappata a gambe levate. Poco dopo
l’ho sentito raggiungermi. No, di notte non sono gli stessi!
9-10 gennaio 2017- Kandy
Prima di raggiungere Kandy ci fermiamo nel tempio
della medicina ayurvedica. Qui un giovane studente ci spiega tutte le proprietà
delle piante: olio di cocco per nutrire i capelli, ananas per vivere in salute
i prossimi 30 anni, cannella per regolare il ciclo mestruale… Poi una serie di
rimedi molto Occidentali: crema depilatoria a base di limone, una pozione a base di cocaina per la
disfunzione erettile e un’altra pianta anti-rughe. Quando finito il tour ci
porta nel negozio, capiamo di essere finiti in una trappola per turisti: i
prezzi sono altissimi. Come se non bastasse ci esorta ad acquistarli assicurandoci che è la bottega preferita dai locali. Certo.
Ripartiamo per Kandy. Danu ci porta a vedere il «Ballo
tradizionale con maschere». La ciliegina sulla torta: un teatro improvvisato animato
da ballerini altrettanto impreparati che saltano scoordinati con maschere colorate
al ritmo dei flash delle macchine fotografiche dei turisti. Non ne posso più di
sentirmi così turista, voglio vivermi questa città con più spontaneità. Per
fortuna Danu questa sera ha previsto di farci assaggiare l'«Arrak», un superalcolico
locale a base di acqua di cocco fermentata e distillata. Passiamo la serata con
Derrick, il proprietario dell'albergo, a chiacchierare del più e del meno. Ci spiega
che uno dei maggiori problemi dei lavoratori delle piantagioni di te, che vedremo nella nostra prossima tappa, è che vengono
pagati quotidianamente. Così facendo spendono tutto in alcol e sigarette e a
fine mese non resta nulla per la famiglia. Ci svela anche che quando nel 2004 lo tsunami ha
colpito tutta la costa sud del Paese, nello Yala National Park c’erano solo
jeep. Nemmeno un animale in circa mille chilometri quadrati di area: avevano
intuito l’ arrivo della catastrofe. E che quando era giovane spesso la sera con
gli amici andavano in India a vedere i
film di Bollywood, in barca ci volevano solo 30 minuti. Ora invece, a causa della guerra civile, lo spostamento via oceano è
illegale e devono prendere l’aereo.
Guerra civile (1983-2009)
Quasi 30 anni di conflitto in cui persero la vita oltre 50 mila persone. A scontrarsi furono il governo cingalese e le «Tigri Tamil», gruppo estremista che innescò il conflitto per la proclamazione di uno Stato indipendente a Nord e ad Est dell'isola. Il conflitto si concluse con la sua sconfitta e la conseguente vittoria del governo.
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Il mattino dopo appena mi sveglio vengo invasa da un
forte odore di cipolle soffritte. Cerco di autoconvincermi che stiano
semplicemente preparando il pranzo. 5 minuti dopo le ritrovo al centro del
nostro tavolo per la colazione che Derick ci ha amorevolmente preparato:
vuole farci provare tutte le ricette della tradizione. Ringrazio il cielo di
essere vegetariana quando noto che per Giulio ha preparato un Dahl di pesce piccante. Pesce che è andato a comprare apposta per lui svegliandosi alle
4 di mattina. Dopo qualche boccone Giulio si zittisce, impallidisce, fissa il
vuoto. Derick non si perde un'espressione: è intento a osservarci per vedere
ogni nostra singola reazione, boccone dopo boccone. Cerco di distrarlo chiedendogli
se sia possibile avere un'altra tazza di te. Mentre va in cucina a prepararmelo Giulio ne approfitta per volare
in bagno a liberarsi. Io? Per non deludere Derick mangio anche la sua piadina ripiena
di cipolle soffritte. E con una certa soddisfazione: per una volta non sono io
lo stomaco debole della situazione.
Colazione
· Pappardam= Simili alle chips. Servite col Rise&Curry
· String hoppers= noodles fatti di latte di cocco
· Lavaria = string hoppers ripieni di cocco e miele
· Hoppers = frittelle giganti di latte di cocco
· Coconut roti= frittelle spesse e rotonde, a base di latte di cocco
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11-12-13 gennaio- Nuwara Elyia
Salutiamo Derick e ripartiamo per Nuwara Elyia, soprannominata la piccola
Inghilterra. Ci fermiamo alla «Ceylon Tea Factory», la fabbrica di te
più vecchia dello Sri Lanka, quella in cui ebbe inizio l’attività commerciale
del Signor Thomas Lipton. «Ceylon», ci spiega la guida, è stato
il nome ufficiale dello Sri Lanka fino al 1972.
E questa fabbrica, nonostante sia stata costruita quando lo Sri Lanka
era ancora una colonia inglese (dopo esserlo stata di portoghesi e olandesi),
ha continuato ad esistere anche quando ha conquistato la sua indipendenza nel
1948.
Scopriamo che esistono 2 tipi di piante: una per i te
nero, verde e rosso e una per i te bianco e oro. Quest'ultimo ha numerosissime
proprietà benefiche, ma non contiene teina e sa di acqua sporca. Io adoro
quello che si beve qui: il «black tea», dal sapore forte e intenso, addolcito
con latte e zucchero.
Arrivati a Nuwara Elyia si concretizza la povertà di cui
ci aveva parlato Derrick: in strada si vedono solo volti maschili e cani randagi.
Danu ci porta al mercato locale per farci conoscere e assaggiare frutti che non
abbiamo mai provato. Mentre mi perdo tra sapori, profumi e colori noto che
Giulio (non so per quale motivo) sta fotografando il banco del pesce secco e
pieno di mosche, il «dry fish». Zona che salto a piedi pari per evitare un
conato di vomito.
Frutti
· Jackfruit = Il migliore. Ottimo sia fresco (sa di miele) che cotto (un seme ha le stesse proprietà nutritive di un uovo)
· Rambutan e Guanabano = Simili al Lici
· Guava = Simile a una pera, ma rosso all'interno
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Passiamo la notte in un hotel inquietante: 10 camerieri in
smoking che si aggirano fra i molti corridoi, un simpatico vecchietto
centenario come proprietario e una ventina di stanze vuote: siamo gli unici ospiti. Il tutto
accompagnato da un arredamento da brivido: pavimenti ricoperti di moquette, vecchie
poltrone a ogni angolo, musica classica di sottofondo e teste di animali
imbalsamate appese. Mi sento Wendy in Shining. Di notte si gela, dormo poco
e male. E quando alle 4 di mattina esco in terrazza capisco il perché: in cielo
c’è un’immensa e magnifica luna piena. Tanto vale aspettare l’alba godendomi
questa meravigliosa vista. Fra un’oretta andremo all’ Horton Plains National
Park. Danu è entusiasta, noi meno. Dice che forse vedremo i leopardi. Sarà, ma
in 11 km di camminata l’unica cosa che abbiamo visto sono intere mandrie di
turisti. Per rendere più avventurosa la nostra passeggiata dico a Giulio
di aver sentito uno strano rumore e mi addentro nella foresta. Lui resta sul
ciglio del sentiero impassibile e fissandomi mi dice che l'unica cosa che vede
è una cagata umana verticale. Mi giro ed effettivamente era li, con tanto di
fazzolettino sporco. Scoppiamo in una risata isterica e rinunciamo definitivamente
a vedere qualsiasi tipo di leopardo. Per fortuna arriviamo finalmente al punto panoramico World's End: il panorama è mozzafiato.
Nel pomeriggio raggiungiamo Ella in treno. Tre ore di viaggio immersi nelle piantagioni di te che vediamo da entrambi i lati del finestrino. Un’immersione spettacolare.
Arrivati a destinazione capiamo il perché questo paesino
attragga così tanti turisti: siamo nella valle incantata. Passiamo la serata in
terrazza, di fronte a noi la luna e le due rocce che il giorno dopo dovremo scalare:
la Ella Rock e l’Adam Peak Rock. In sottofondo sentiamo musica dal vivo anni
settanta, decidiamo di andare a scoprire da dove proviene e passiamo la serata
in un bar locale.
14-15-16 gennaio Tangalle
Prima di arrivare a Tangalle ci fermiamo nella laguna dei
bufali, in un baracchino sulla strada. Accerchiati da borse di paglia appese ai
rami degli alberi, assaggiamo un delizioso e freschissimo curd&honey servito
in una terrina.
Finalmente intravediamo l’orizzonte. Non vedevo l’ora di
questo momento. Appena arriviamo a Tangalle ci tuffiamo nell’oceano.
Notiamo alcuni pescatori che colgono la palla al balzo
per chiederci di aiutarli a tirare le reti. Usano ancora la pesca a mano.
Mentre sudiamo sotto il sole cocente di mezzogiorno, loro si prendono una
pausa: c’è chi fuma, chi chiacchiera, chi osserva come lavoriamo. Adeguiamo lo
sforzo alle circostanze. Quando le reti sono vicine alla riva arrivano improvvisamente tutti ad aiutarci. Il motivo lo capiamo subito dopo: ad ogni
persona che ha aiutato a tirare le reti viene regalato un pesce. Danu mi dice di non dargli troppa
confidenza e ci spiega che a volte pescano e mangiano persino le tartarughe marine
nonostante sia assolutamente vietato.
Un pescatore mi si avvicina con evidente interesse e mi
chiede se io sia sposata. Gli indico Giulio con prontezza, immaginando mi stia
controllando da lontano. Appena realizzo che invece si sta schiacciando un pisolino sull'asciugamano, me la svigno fingendo si tratti del ragazzo che gli siede accanto e che ci sta osservando.
Per cena ci preparano un tavolino a pochi metri dall’oceano, illuminati unicamente dal riflesso della luna e da una candela. Uno scenario da sogno perfetto per rilassarci, non fosse per i continui balzi di Giulio causati dai granchi che ci mordicchiano i piedi. Quasi ci costano la cena. La situazione torna idilliaca appena si arrende infilandosi calze e scarpe. Passeggiamo sulla spiaggia incontrando diversi branchi di cani randagi. Questa volta non ci colgono impreparati: ci siamo muniti di pane e biscotti per calmarli. Passiamo ore a parlare di come potremmo restare li creando un’agenzia di viaggi che sostenga l’economia locale. Il classico discorso da vacanze che ci ripromettiamo di non dimenticare una volta tornati alla realtà. Rientrando scopriamo che uno dei baristi del nostro albergo compie 30 anni e visto che li sta festeggiando da solo decidiamo di fargli compagnia sorseggiando fresche «Lion beers» sull’amaca. A mezzanotte ci viene voglia di farci un bagno: è la nostra ultima sera e non vogliamo farci mancare proprio nulla. Mentre ci asciughiamo il barista ci spiega che proviene da un villaggio vicino ad Ella, unico posto in cui cresce il «King Coconut», un cocco pregiato il cui olio ricavato è ricco di molteplici proprietà. Ne conserva una piccola dose in una boccetta e mi chiede se voglio provarlo sui capelli per testarne i benefici. Accetto, ma appena mi accorgo che tenta di massaggiarmi oltre il cuoio capelluto lo invito a congedarsi. Il tutto sotto gli occhi di un indisturbato Giulio che continua a sorseggiarsi la sua birra. È l'ultima sera lo so, ma ci scappa la discussione: apprezzo questa sua totale fiducia nei miei confronti, ma ogni tanto non mi dispiacerebbe vedere una sua minima reazione. E non è finita. Quando alle 4 di mattina mi risveglio con due mani che mi stanno massaggiando le gambe penso si tratti di un sogno. Appena realizzo che non si tratta del mio ragazzo, ma del barista che avendo accesso a tutte le camere ha deciso di intrufolarsi nella nostra sveglio immediatamente Giulio, o meglio provo a svegliarlo. Mi dice che sto sognando di tornare a dormire. Ovviamente non riesco a riaddormentarmi, sono nera. Ispeziono la zona alla ricerca di prove e proprio davanti alla nostra porta trovo la chiave con la quale ha aperto la nostra camera, deve averla persa mentre si dava alla fuga. L'indomani mattina, momento che ho pazientemente atteso, ci serve la colazione facendo finta di nulla, ma gli chiedo immediatamente spiegazioni sul perché fosse entrato nella nostra camera. Nega finché non gli mostro la chiave e li mi prega di non dire nulla a nessuno altrimenti rischierebbe di perdere il lavoro. Mi spiace ma non posso tacere e raccontiamo tutto al proprietario. Risolta la questione decido di lasciarmi tutto alle spalle: non voglio che questa insolita e bizzarra disavventura rovini la meravigliosa sensazione che ci hanno lasciato questo posto e queste meravigliose persone. Passiamo il pomeriggio con Danu e ci facciamo un'ultima lunga chiacchierata mentre ci riaccompagna all'aeroporto. Fino all'ultimo ci svela numerosi aneddoti sulla sua terra, appagando ogni nostra curiosità. Senza di lui avremmo scoperto meno di un decimo di questa incantevole isola e per questo lo ringrazieremo a vita.